venerdì 12 maggio 2017


ARTICOLO. I RITORNI A FIRENZE.




I ritorni a Firenze
(I racconti dei russi famosi della città famosa)

Nel gennaio 2017 a Mosca, nella Casa Internazionale intitolata ad Aleksandr Isaevič Solženicyn ci fu la presentazione del libro di un famoso storico, politologo, dottore di filosofia Aleksey Kara-Murza “I racconti dei russi famosi della città famosa”.
Il libro presentato è l'ultimo di una serie di simili composizioni memoriali-culturali, dell'autore, composti dalle impressioni dei viaggiatori russi di Roma (2001), di Venezia (2001), di Napoli (2002), di Amalfi (2012).
Al primo sguardo, come tra l’altro al secondo, si conferma un progetto commerciale di successo, fondato sull’interesse tradizionale dei russi verso l’Italia, sulla sensazione della parentela spirituale con la cultura italiana.
L’autore stesso, rispondendo alla domanda del giornalista sulle premesse di questa edizione, ricorda una famosa espressione: “Un italiano è la realizzazione comica di un russo, un russo invece è la realizzazione tragica di un italiano”. E dopo spiega: “Per un russo istruito e colto il viaggio a Roma o a Firenze è stato piuttosto un pellegrinaggio anziché un viaggio ozioso come nella Riviera francese o alle acque termali in Germania…”
Firenze è la culla del Rinascimento europeo, è un posto particolare per gli intellettuali russi. Qui sono stati Herzen e Gogol, qui Dostoevskij scrisse il romanzo “Idiota”, Čajkovskij creò l’opera “Pikovaja dama”, qui compresero l’essenza dell’arte gli artisti Benois e Dobužinskij, gli esperti dell’arte Muratov e Weidlé, i filosofi Berdjaev e Rosanov, gli storici Greaves e Korsavin, qui presero l’ispirazione i poeti Annenskij e Kusmin, Briusov e Blok, Gumilev e Achmatova, gli scrittori Osorghin e Zaitsev. Tutti costoro sono stati dei brillanti coautori di Kara-Murza, poiché le loro impressioni e riflessioni sono la base del suo libro, che non è una semplice raccolta di memorie.
La sua struttura è semplice ma ben pensata e impregnata di materiale: dopo la premessa dell'autore seguono i capitoli di “famosi russi”, che hanno visitato Firenze. Dopodiché la parola passa ai lettori. Il testo dell'autore è laconico ed informativo, come se fosse una voce sussurrata dietro le quinte che commenta in un'unica narrazione gli estratti citati dei diari, memorie, lettere e testi letterari, in un unico collagene di materiale variopinto.
Il tono generale di questi frammenti è di ammirazione, diletto e delizia, confessioni di amore e, riflessioni filosofiche e storico-culturali. Il formato scelto permette di andare liberamente, senza la custodia dell’autore, con i compagni intelligenti e sensibili, in una città immaginaria e nello stesso tempo reale – nello spazio virtuale dei sensi scopribili man mano.
L’autore non abusa della sua presenza, non generalizza nulla, ma dimostra soltanto gli slaid immaginari preferendo non esprimere neppure la propria visione. Ha preso il ruolo di Virgilio, laconico, quasi taciturno, che accompagna il lettore lungo la città che nei tempi remoti esiliò il creatore della “Divina Commedia”. Il tema dell’esilio appare sostanziale e significativo nello spiegare la risonanza spirituale che sorge nei viaggiatori russi quando capitano nella “città floreale”.
Tutti i tre epigrafi del libro sono del mancato ritorno.
Il primo è in memoria del grande reietto Dante preso dalla poesia di Anna Achmatova: “Neanche dopo la morte / non tornò più nella sua Firenze”.
Il secondo è una riga della poesia di un grande reietto russo Joseph Brodskij “Dicembre a Firenze”: “Ci sono delle città in cui non c’è ritorno”.
Il terzo è l’epitaffio contenente il senso tragico e metafisico: “A quelli che non furono tornati…” con il commento notevole: “La scritta sulla tomba dell’ammiratore di Firenze di Lev Karsavin e altri 11 mila morti nel campo di concentramento di Stalin nominato “Abez”.
Ma lo stato d'animo che aleggia e che il tono proposto dagli epitaffi è solo l'inizio. Il libro composto da Kara-Murza contiene lo sforzo creativo per quel superamento di quel ritorno mancato.